Grand Tour enogastronomico tra Veneto e Friuli: siamo al dolce!

Il viaggio a piedi enogastronomico di Altropasso arriva nel Nord est e si getta nello zucchero per la sua tappa finale tra dolci contesi e di confine.

La tempesta in un bicchiere da dessert: la storia del tiramisù clandestino 

Nella nostra camminata urbana a Treviso cercheremo le tracce del dolce più contesto della storia della pasticceria italiana: il Tiramisù. La contesa in realtà è molto recente ed è finita, letteralmente, in tribunale dove è stata sentenziata l’origine friulana del dessert più famoso del mondo che anche il Veneto e in particolare Treviso, rivendica come suo.

Le vicende che hanno preceduto questa sentenza (perché di tale si tratta) sono state definite da chi ha avuto l’interesse e la pazienza di seguirle, come ‘la guerra del tiramisù’. 

La contesa legale ha riguardato il Veneto e il Friuli Venezia Giulia ma a ben vedere, come racconteremo nel libro in uscita a Luglio, le rispettive narrative, tra storia e leggenda che rivendicano un’origine locale piuttosto che l’altra sottovalutano un tratto fondamentale che, invece, beatamente, le accomuna: l’intervento straniero. Una volta americano, nella fattispecie di un soldato ebreo di Manhattan frequentatore di una ‘casa di piacere’ molto chic, nel primo dopoguerra e unico possessore dell’allora non troppo diffuso cacao in polvere (versione Casellato); altre volte asburgica e teutonica visto che i pasticceri italiani in qualche modo ‘coinvolti’ nella nascita del dessert hanno lavorato per anni in Nord Europa dove la tradizione  del dolce al cucchiaio è di gran lunga più antica. Noi, i nostri lettori lo sanno – o lo sapranno – fin dalla partenza del nostro viaggio ci siamo concesse il lusso della ricerca sociale di poter beatamente ignorare la verità storica per interessarci, piuttosto, alle tante verità contemporanee. E seguendo quelle, con l’occhio straniero del viandante, il tiramisù si trasforma in un grande viaggio. Pensiamo ai suoi ingredienti: i biscotti piemontesi, il mascarpone lombardo, il caffè arrivato a Venezia dalla Turchia, il cacao giunto nei porti liguri dalle Americhe e, come dimenticare, il nostro Marsala anglo-siculo.

Ma soprattutto, la storia del tiramisù non è la storia di un dolce stanziale: il tiramisù è poliglotta, apolide  e clandestino. 

“Tiramisù” è una delle dieci parole italiane più conosciute al mondo. Ha colonizzato il mondo entrando non solo nei menu dei ristoranti di tutto il globo ma anche nel vocabolario di ventitré lingue diverse, compresa quella cinese e l’ha fatto da clandestino senza un’origine controllata e garantita.

Rivendicato, chiacchierato e sussurrato nei salotti privati o nelle osterie di paese, rivisto, elaborato, corretto o scomposto, il tiramisù è rimasto globtrotter e ha girato il mondo senza passaporto. Noi siamo convinte che sia questa libertà, più del cacao e del mascarpone, la cifra del suo gusto e del suo sapore.

 

La gubana friulana: il dolce di confine

Lasciato Treviso ci sposteremo in Friuli e in particolare a Cividale da dove cammineremo fino a Azzida per assaggiare la Gubana della nonna.

La cucina friulana, che noi racconteremo camminando alcune tappe del Sentiero Italia CAI, al confine tra Italia e Slovenia, sulle Prealpi Giulie prima e lungo l’altopiano del Carso poi, è un miscuglio straordinario di sapori e di civiltà: Nord ed Est Europa. Nei secoli si sono mischiati popoli e ricette. Cucina veneta, slava e mitteleuropea: mercante, imperiale e gitana.

Tra tanti fiori all’occhiello di questa cucina, la quasi dimenticata Gubana. Dolce fatto a forma di chiocciola e preparato con pasta lievitata ripiena con noci, uvetta, pinoli, zucchero, liquore, scorza di limone. Decisiva per la sua buona riuscita è la cottura, un tempo fatta nei forni pubblici. Nata nelle zone di confine del nord est, rappresenta un ponte tra le tradizioni gastronomiche italiane e slovene come svela l’origine slovena del termine  “guba”, ossia, “piega”. 

Dopo aver assaggiato quella ‘della nonna’ ad Azzida, ci lasceremo trasportare dai sentieri di confine che in quattro giorni di cammino, intervallati da uno spostamento in treno, ci vedranno entrare a piedi a Trieste, città di frontiera per eccellenza.

In attesa di scriverne timidamente noi, lasciamo che sia una frase di chi Trieste – e la prosa – la conosce bene ad augurarci buon viaggio:

“I nomadi lo sanno: le mappe non servono a orientarsi, ma a sognare il viaggio nei mesi che precedono il distacco.”, Trans Europa Express, Paolo Rumiz, Feltrinelli, 2012